Referendum 8/9 Giugno. Il 70% non va a votare, UN DISASTRO ANNUNCIATO

Qualsiasi persona minimamente attenta alle dinamiche sociali del nostro Paese e a conoscenza di un po’ di storia recente del movimento dei lavoratori in Italia e, o che svolge attività sindacale tra i lavoratori (non semplicemente dietro una scrivania o sui social), avrebbe dovuto essere perfettamente consapevole dell’oggettiva impossibilità di raggiungere il quorum, sia per i referendum sul jobs act che per quello sulla cittadinanza.

Chi ha parlato del quorum come di un obiettivo raggiungibile o ha vissuto finora su un altro pianeta o ha mentito sapendo di mentire. Per queste ragioni, noi di SGB, pur avendo dato indicazione di votare 5 SI, non abbiamo, a differenza di altri, preso in giro i lavoratori e abbiamo contestato questa irresponsabile scelta referendaria della CGIL (si veda il nostro comunicato del 16 maggio 2025). Non abbiamo partecipato ai cosiddetti “comitati per il si” astenendoci da una campagna elettorale ipocrita e masochista.

Scegliere il voto referendario, come ha fatto la cgil e chi ne ha sostenuto la linea, in mancanza di un forte e conflittuale movimento di lavoratori che mettesse al centro la fine della precarietà lavorativa e dei salari da fame, ha significato gettare i diritti dei lavoratori nel tritacarne della competizione elettoralistica fra “campo largo” e forze di Governo.

È inutile giraci intorno: i lavoratori italiani nel novero dei peggio pagati in Europa, precari e ricattabili, ancora più deboli nei confronti del padronato e delle politiche antioperaie hanno oggi subito un altro durissimo colpo.

Leggendo le dichiarazioni da parte di dirigenti cgil: “ora saremo più forti nelle trattative”, ci sarebbe da piangere se non fossimo consci della strumentalità dell’intera operazione e se non avessimo i piedi ben saldi sul terreno del conflitto e della lotta!

Nell’esosfera del mondo politico “di sinistra” il motivo conduttore delle dichiarazioni post voto è relativo al fatto che il numero di votanti al referendum sarebbe superiore rispetto al numero degli elettori del “campo largo” (sic!), ma se si scende in terra, la realtà di un esito referendario scontato, è quella di avere fornito al Governo un’enorme dose di ossigenoproprio nel momento di massima difficoltà al suo interno rispetto alla gestione della crisi e della guerra.

Ed è proprio contro la guerra, a sostegno della resistenza palestinese, contro il riarmo e l’economia di guerra che il sindacalismo di base chiama tutte le lavoratrici e i lavoratori allo sciopero generale il prossimo 20 giugno!

Solamente su un campo di indipendenza e di conflitto si può costruire l’alternativa sindacale rispetto a chi ha subordinato gli interessi dei lavoratori a quelli del padronato e delle politiche anti sociali.

E’ questo il tema per il quale, sindacati di base e non solo, dovrebbero cercare di organizzarsi unitariamente senza alcun sostegno alle iniziative di una cgil alla continua ricerca di un impossibile rilancio della concertazione sindacale che è stata la principale causa delle politiche centrate sulla precarietà, sul lavoro povero, il divieto di sciopero, lo strapotere delle controparti datoriali e istituzionali, nonché di quella guerra fra poveri che è alla base dei risultati del referendum sulla cittadinanza.

NON SIAMO IN LUTTO
SIAMO IN LOTTA!

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CONTRO LA GUERRA, A SOSTEGNO DELLA RESISTENZA PALESTINESE, CONTRO IL RIARMO E L’ECONOMIA DI GUERRA

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