Pubblico impiego, PERICOLO: ARRIVANO I CONTRATTI

Con la direttiva-madre del 19 Aprile e la contestuale direttiva per il compartone statale entra nel vivo la partita per il rinnovo contrattuale, ma i roboanti proclami nascondono il persistente obiettivo di ridimensionare il pubblico impiego ad un esercito di fedelissimi.

Si tratta di un atto di indirizzo che come si legge nell’incipit “attua il patto per l’innovazione…” concordato dai tre segretari confederali di cgil,cisl e uil a cena a casa di Brunetta” e, a differenza di quanto propagandato, non contiene nessun passo indietro rispetto ai principi di aziendalizzazione e di discrezionalità “meritocratica” imposti dallo stesso Brunetta e perseguiti dai successivi ministri di ogni colore politico.

Per sommi capi la direttiva è articolata in capitoli che vanno declinati per quello che sono.

Vediamoli nel dettaglio:

A) -I SOLDI

La direttiva prevede che le risorse stanziate (a regime 3775 milioni di Euro lordi nel 2021 per i settori statali e 3040 per quelli non statali) serviranno a finanziare il cosiddetto “elemento perequativo” ovvero quel compenso che i lavoratori già percepiscono, ma che risente del fatto di essere collocato fuori dalla retribuzione. I nuovi contratti ne dovranno disciplinare l’assorbimento, ma come non si sa.

Sta di fatto che sono soldi già percepiti e non andranno a costituire un vero e proprio incremento contrattuale (importo variabile a seconda della categoria e posizione economica: da 2 a 25 Euro mensili).

 Stesso dicasi per l’assorbimento dell’indennità di vacanza contrattuale (0,7% dello stipendio tabellare dal 1° Luglio 2019). Anche in questo caso si tratta di un importo variabile che va da 6 a 30 Euro mensili (all’incirca).

In definitiva una parte dei soldi promessi varranno a confermare quanto stiamo già ricevendo e quindi i famigerati 107 Euro medi mensili lordi (già promessi dalla ex ministra della Funzione Pubblica Dadone) vanno ridimensionati per almeno un quarto del valore.

Senza contare che, ancora una volta, si persegue la strada di rafforzare il salario accessorio – aleatorio, insicuro negli importi e nei tempi, sottoposto a valutazione – anziché incrementare la retribuzione fissa e ricorrente. 

B, C e D) -LA CONTRATTAZIONE

Nulla di nuovo sotto il sole. Brunetta persegue indomito il suo disegno di 12 anni fa e conferma che alla contrattazione è sottratta l’organizzazione degli uffici, l’articolazione dell’orario di lavoro, comprese turnazioni e reperibilità(!), ogni misura inerente la gestione del rapporto di lavoro (orario in primis, ma anche mobilità, assunzioni, formazione, etc.). Conferma che la contrattazione dovrà valorizzare i premi collegati alla performance definendo soltanto i criteri di erogazione e non già i criteri per l’attribuzione (togliendo così un altro pezzo di contrattazione sindacale).

La contropartita è scritta nei capitoli destinati agli istituti di partecipazione sindacale e welfare contrattuale che ne escono rafforzati: programmi di formazione, modelli organizzativi innovativi, aspetti organizzativi correlati al lavoro agile, benessere organizzativo. Tutti aspetti su cui le organizzazioni sindacali possono fare cassa, come già stanno cercando di fare con i fondi pensione!

Per il welfare questa tendenza diventa certezza uscendo da ogni ambiguità e inserendo il tema in un impianto ideologico che si esplicita con l’obbiettivo di “Rafforzare il senso d’appartenenza alle amministrazioni” sostituendo quello che dovrebbe essere l’elemento identitario del nostro lavoro: la funzione pubblica.

E e F) – NORME LAVORATIVE E LAVORO AGILE

In questi due capitoli si coglie la sola volontà di mettere le mani su qualcosa che è probabilmente sfuggito di mano. Taluni istituti normativi (permessi, malattie, etc.) necessitano di un restyling che, osiamo prevedere, non gioverà certo a migliorare le condizioni di lavoro materiale di ciascun lavoratore pubblico. Viceversa, è piuttosto facile che ne esca rafforzato l’impianto punitivo orchestrato dagli ultimi ministri per la funzione pubblica.

Il cd. lavoro agile è il primo contraltare su cui misurare le buone intenzioni, ma non possiamo che constatare come viene preclusa ogni possibile volontarietà del lavoratore, lasciandolo completamente in balìa del dirigente di turno: il solo cui spetterà stabilire le condizioni organizzative necessarie ad effettuare lavoro agile.

Per inciso si tratterà di qualcosa di molto diverso da quello che abbiamo conosciuto in quest’ultimo anno di pandemia.

G e H) – AREA QUADRI E FORMAZIONE

Come è stato già ventilato in altri contesti in questi due paragrafi della direttiva si realizza l’incrocio magico della revisione organizzativa del lavoratore pubblico.

L’impianto è quello di andare a costituire un’area quadri di tipo pre-dirigenziale cui affidare le “rogne” e su cui testare l’abnegazione del singolo, lasciando alla dirigenza compiti di supervisione e strategia: come in azienda!

Anche in questo caso si va a chiudere il cerchio iniziato con la sottrazione di risorse del salario accessorio per destinarle alle posizioni organizzative come già sperimentato con i contratti del triennio 2018-2021. 

Ovviamente la formazione – su cui si è disposti a spendere, dopo anni di vacche magre – dovrà conciliarsi esattamente con questo proposito.

La direttiva interviene anche su aspetti legati al cosiddetto compartone (che riunisce gli enti previdenziali, i ministeri, le agenzie, etc.), ma in questo caso tranne che prevedere le prime manovre di avvicinamento normativo e retributivo non dice granché d’altro, tranne – anche in questo caso – di valorizzare e implementare le posizioni organizzative, probabilmente proprio con i soldi destinati al rinnovo contrattuale!

Sgb non crede che i pubblici servizi possano essere gestiti come aziende il cui fine è produrre utili. I pubblici uffici sono destinati a produrre servizi universali e di interesse collettivo.

Questo deve essere il nostro obiettivo. Al contrario perseguire la logica profittevole nella pubblica amministrazione la allontana pericolosamente dai principi fissati nella carta costituzionale.

Sgb è decisa a dare del filo da torcere a quanti, nei vari posti di lavoro, si adopreranno per imprimere questa svolta aziendalista (e con la complicità di CGIL, CISL, UIL e frattaglie varie).

Ridefinire i processi produttivi, i carichi di lavoro, la semplificazione dell’accesso ad atti e diritti di ogni cittadino deve essere la nostra missione sociale.

Lottiamo insieme per:

Incrementare la retribuzione fissa e ricorrente e togliere discrezionalità al salario accessorio;

Costituire un’area unica del comparto che faciliti percorsi interni e passaggi economici;

Restituire alla contrattazione la gestione del rapporto di lavoro compresi orari e mobilità;

Assumere personale in tutte le pubbliche amministrazioni con cui aumentare le prestazioni e la qualità dell’offerta pubblica di servizi

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