INVALSI: È PARTITO L’ATTACCO GENERALIZZATO VERSO GLI STUDENTI DEL SUD

L’Istituto “nazionale di valutazione” getta finalmente la maschera


Chi si chiede quale sia l’autentico ruolo dell’Invalsi può trovare una chiara risposta nell’attuale campagna diffamatoria verso gli studenti meridionali. Da diverse settimane, esponenti di partiti politici e giornali nazionali stanno definendo le persone che studiano da Roma in giù come più o meno arretrate o semianalfabete: una macchina del fango contro le giovani generazioni del Sud che non si vedeva dagli anni ’60. Il pretesto di questa campagna diffamatoria è ladiscordanza tra i risultati degli ultimi test Invalsi conseguiti dalle scuole superiori del Mezzogiorno e le valutazioni conseguite agli ultimi esami di Stato dai ragazzi delle scuole di quegli stessi territori. A giudizio di larga parte del ceto politico (ma anche di Confindustria e dei suoi giornalisti prezzolati) lo scostamento tra la valutazione dell’Invalsi ed il voto del diploma sarebbe la dimostrazione di un vero e proprio imbroglio, commesso, non si capisce per quale motivo,dall’intero corpo docente meridionale. Giusto per citare qualcuno tra i tanti, la vicepresidente della Giunta regionale della Calabria ed assessore all’Istruzione Giuseppina Princi, un’ex dirigente scolastica che usando la scuola pubblica si è costruita una brillante carriera politica, ha affermato di recente: “la scuola del Sud Italia ha un gap enorme in termini di formazione e apprendimento. Qualcuno cerca di trovare alibi per non guardare in faccia la realtà ma i dati Invalsi sono la reale fotografia di un problema serio, enorme che combatto da sempre e che sto affrontando anche nel nuovo incarico regionale”. Quasi contemporaneamente alla diffusione dei dati Invalsi, che hanno bocciato le scuole calabresi, l’assessore Princi si è adoperata al grande smantellamento della rete scolastica calabrese, facendo varare dalla Giuntaregionale un piano di dimensionamento, per il triennio 2024-2027, che prevede la soppressione di 79 scuole sul territorio calabrese passando dalle attuali 360 a 281. Davide Giacalone, giornalista e storico sostenitore della “comunità” di San Patrignano, afferma: “dove sono più alti i voti medi alla maturità sono anche peggiori i risultati dei test Invalsi. Comunque tutti promossi e mediamente ignoranti. A questa feroce fregatura nessuno si ribella”. Giacalone che parla di ribellione è un ossimoro, forse costui si è finalmente ricordato della ribellione del giovane Maranzano contro le torture subite proprio a San Patrignano. Noi di SGB continuiamo a sostenere che l’Invalsi costituisce soltanto una delle fonti di dati potenzialmente utili a misurare i livelli di apprendimento degli studenti. Leggere i dati Invalsi con lo stesso approccio con cui un fervente cattolico legge la bibbia non solo è fuorviante ma evidentemente strumentale a manovrepolitiche che non c’entrano proprio nulla con la tutela del diritto all’istruzione. Questa macchina del fango sembra quasi voler giustificare il dimensionamento della rete scolastica al Sud e a svalutare ulteriormente quello che comunemente viene definito “capitale umano” fatto da tanti giovani e giovanissimi che nell’Italia dei Neet e della dispersione scolastica, comunque, a scuola ci vanno. Si tratta di un evidente tentativo di accrescere il sospetto che tutti i diplomati nelle regioni meridionali siano istruiti solo sulla carta rendendoli così ancora più deboli e ricattabili sul mercato del lavoro (privato e pubblico) con negative conseguenze anche per i ragazzi diplomati al Nord. Sia chiaro che non intendiamo assolutamente negare l’abbassamento qualitativo del sistema scolastico, causato prevalentemente dai continuitagli governativi all’Istruzione (e dalla chiusura delle scuole) e da diverse controriforme, come la Buona Scuola, che ha sostituito parte della didattica con l’alternanza scuola-lavoro ed ha introdotto l’obbligo di somministrazione delle prove Invalsi anche nelle classi terminali della scuola secondaria di secondo grado. Quest’obbligo ha inasprito la patologia del “teaching to test” che per una parte dei docenti ha rappresentato la rinuncia alla trattazione di svariati argomenti per ritagliarsi tempo utile alla preparazione ai test standardizzati, con l’effetto paradossale di far allargare la forbice tra obiettivi e risultati dell’Invalsi. Siamo anche consapevoli che la politica dei tagli penalizza soprattutto i ragazzi provenienti da contesti ad elevata povertà educativa (oltre che economica) proprio come accade in buona parte del Sud. Non aspettavamo i falchi dell’Invalsi per scoprire la questione sociale e la questione meridionale nel nostro Paese ma non consentiremo a nessuno di speculare facilmente sulla pelle dei nostri studenti e dei nostri giovani. Un minimo di correttezza dell’informazione, soltanto per dirne una, avrebbe imposto a questi falsi sacerdoti del diritto all’istruzione di ricordare che al Sud Italia i veri e propri diplomifici sono le scuole paritarie (dove vengono a conseguire il diploma anche ragazzi del Nord) che lo Stato dovrebbe smettere di finanziare  e non semplicemente ispezionare.

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